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Un ragionamento sul Parco Archeologico di Francavilla di P. Altieri

Un ragionamento sul Parco Archeologico di Francavilla di P. Altieri


Nel 1879, durante i lavori per la costruzione della strada statale SS 92, che doveva collegare la costa Ionica al Pollino, nel territorio di Francavilla emersero dei reperti che l’ispettore M.G. Gallo collegò con l’antica città di Lagaria.Successivamente negli anni trenta del novecento il dott. De Santis “raccolse con amorevole cura ciò che i contadini del tempo gli portavano o gli segnalavano.Nel 1959 quando si costruì l’acquedotto dell’Eiano nell’attraversamento del territorio di Francavilla ci furono grandi ritrovamenti che per lo più andarono dispersi.Solo dopo questo saccheggio di una ricchezza nascosta, ci fu una piccola attenzione al territorio di Francavilla, con brevi campagne di scavo, sempre redditizie, sotto la guida della famosa Archeologa campana Paola Zancani Montuoro.
Questa piccola attenzione fu interrotta bruscamente nel 1969, quando diventò predominante il “ritrovamento di Sibari”.
Negli anni successivi furono condotte brevi campagne di scavo, non certamente con la continuità necessaria allavalorizzazione di un sito unico nella sua specie, i cui risultati furono sempre ottimi. Questi piccoli interventi servirono quantomeno a fermare o arginare, il fenomeno dei cosiddetti “Tombaroli”, che in quegli anni fecero enorme fortuna vendendo i reperti saccheggiati, ai maggiori musei internazionali. All’inizio degli anni 90 del secolo scorso, con l’intervento straordinario della Legge 64/86 si attuò il primo intervento progettuale in questa area.
Il riconoscimento va alla Comunità Montana Alto Ionio che puntò in quegli anni, alla valorizzazione dei beni culturali.
Sono trascorsi altri anni, altri interventi furono effettuati per rendere visitabile e fruibile un’area fortificata, che si eleva maestosamente sulla pianura di Sibari, purtroppo, il Parco archeologico di Francavilla, ancora non è aperto al pubblico.
Certamente, autorità della soprintendenza archeologica, studiosi, appassionati d’archeologia, professori universitari, studenti italiani e stranieri hanno studiato, scavato e pubblicato i loro studi, o le loro tesi di laurea, ricevendo soddisfazione dal loro impegno e dal loro lavoro.Altri come i tombaroli, si sono arricchiti prendendo a piene mani dall’immenso tesoro che si trovava nel sottosuolo francavillese.
A Sibari veniva realizzato il Museo Archeologico Nazionale della Sibaritide. Il Ministero per i Beni e le attività Culturali - Direzione Generale per i Beni Archeologici - Nell’Atlante Archeologico, consultabile su internet, così descrive il Museo Archeologico Nazionale della Sibaritide: “Il sito di Francavilla Marittima da cui proviene la quasi totalità dei materiali conservati nel museo è di fatto estremamente interessante in quanto uno dei più importanti insediamenti indigeni (enotri) precoloniali, dalla vita fiorente, con una ricca necropoli (loc. Macchiabate) che ha fornito un gran numero di oggetti di bronzo di ornamento personale indossati dai defunti, ed addirittura una coppa bronzea fenicia della prima metà dell’VIII sec. a.C., testimone forse dei contatti tra quelle genti (o forse, però, portata dai Greci). La brusca interruzione della vita nel villaggio (loc. Timpone della Motta) e la distruzione dello stesso intorno al 730 a.C. è quanto induce a credere che l’arrivo dei coloni greci fondatori di Sibari abbia comportato la riduzione dei locali in stato di servitù; e del resto rivelatrice in tal senso risulta l’edificazione di un tempio ad Atena sui resti del distrutto villaggio del Timpone della Motta. Tale santuario di Atena, tra l’altro, più della città arcaica, di cui per le note vicende non rimangono che poche tracce, è di fatto il principale testimone sulla fase arcaica della presenza greca nella zona, ed ha restituito la maggior parte del materiale di tal epoca riconducibile a Sibari conservato nel Museo. Spiccano tra i materiali un ex-voto in terracotta del VII sec. a.C. raffigurante una figura femminile con veste riccamente ricamata su cui sono raffigurate scene mitologiche; frammenti di ceramica fina d’importazione da vari centri greci; numerosi vasi protocorinzi; bronzetti di guerriero e fanciulla; una lamina bronzea da affissione del VI sec. a.C. recante la dedica ex voto di un’edicola ad Atena da parte di "Kleombrotos figlio di Dexilawos" vincitore ad Olimpia, come recita il testo”.
In molti, in modo diretto o di riflesso, hanno tratto benifizi, dall’immensa ricchezza rappresentata dal sito di Macchiabate - Timpone della Motta.
Solo la popolazione locale, non ha ricevuto ancora “un qualcosa” da questo immenso tesoro. L’apertura del Parco Archeologico, l’accoglienza di visitatori che negli anni dovranno esser sempre più numerosi, li potrà solo in parte ripagare del furto e dal danno subito da oltre 120 anni.
Francavilla, attrezzando l’area archeologica e rendendola visitabile, potrà ritrovare nuova linfa per evitare l’abbandono e l’oblio e così ricominciare a vivere. Ne abbiamo diritto. Lo dobbiamo pretendere.