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Dalla lana all’acqua: il culto di Athena

Il culto di Athena sul Timpone della Molta — argomenta la Maaskant nel suo recente libro “Dalla lana all’acqua” - non era imperniato soltanto sulla lana e sulla tessitura, ma si esprimeva anche con l’uso cultuale dell’acqua.
Gli scavi sul Timpone della Motta, dove sorgeva il Tempio di Athena (“Athenaion”), hanno portato alla luce migliaia di brocchette in miniatura (“hydriskai”) sempre accompagnate da coppette anch’esse in miniatura e coppe “a filetti”. Tra i doni votivi recuperati figurano, oltre alle brocchette. “pyxides”, “aryballoi” e “pinakes” in
terracotta raffiguranti l’immagine venerata della dea o donne in atto di consacrare i doni.
La ripetitività del tipo di doni - fa notare la Maaskant - ci rivela la natura del culto che si praticava nel santuario del Timpone della Motta: un culto incentrato sull’offerta di acqua.
Tutto fa pensare, secondo l’archeologa olandese che i devoti avessero l’abitudine di venire sull’Athenaion con “hydriskai” piene d’acqua, per versarla in onore della dea Athena. Lo facevano nella speranza di ricevere dalla dea Athena lo stesso aiuto che aveva prestato ad Epeo, costruttore del cavallo di Troia e più tardi fondatore di
Lagaria.
Un reperto che testimonia in maniera emblematica il culto dell’acqua praticato nel santuario di Athena a Francavilla, è la cosiddetta “pisside del Canton Ticino” (così chiamata perché il “pezzo”, trovato sul Timpone della Molta, è finito clandestinamente in Svizzera, acquistato da un dentista del Canton Ticino), che raffigura una scena di processione festosa:
una fila di uomini armati è aperta da un suonatore di lira, ed una fila di donne raggiunge una dea in trono. La capofila porta una “hydria” e si capisce che sta per versare acqua in una coppetta tenuta sollevata dalla dea (vedi figura a corredo del presente articolo).
Si tratta, secondo la Maaskant, di una scena dipinta in stile sub-geometrico dell’Italia meridionale intorno al 700 a.C., che ci fa vedere come venivano usate le migliaia di “hidryskai” e coppette trovate sul Timpone della Motta. Il rituale prevedeva probabilmente che i devoti, dopo aver versato l’acqua in coppette consacrate alla dea. abbandonassero nei pressi del santa rio le loro “hydriskai”, che altro non erano che riproduzioni in miniatura della “hydria”, il tipico vaso greco usato come recipiente per l’acqua,con due anse orizzontali sul ventre e un lungo manico verticale lungo il collo.
Stesicoro racconta di Epeo “portatore d’acqua”.
Nell’ultima parte del suo saggio “Dalla lana all’acqua” la Maaskant osserva che “è evidente che per il culto nel santuario di Athena erano necessarie in primo luogo brocchette per l’acqua e recipienti per bere”. Volendosi spiegare il “perché” di tutto questo, l’archeologa olandese fa un attento esame delle fonti letterarie relative al culto di Athena e trova che in nessuno dei luoghi dove esso fu praticato ,da Atene a Samo, da Argo a Locri Epizefirii, anche se connesso spesso con l’acqua, non risulta mai così strettamente combinato,come avviene nel santuario del Timpone della Motta, con recipienti destinati a contenere l’acqua per bere.
“C’è una sola tradizione letteraria” — rileva con evidente soddisfazione la studiosa olandese - “che si possa mettere in relazione con la presenza dell’acqua nel culto di questo santuario”, cioè nell’Athenaion di Francavilla. Marittima. Si tratta di un frammento di un carme del poeta siccliota Stesicoro di Imera, trasmessoci da un’altra fonte, in cui si legge:
Nel santuario di Apollo a Kart hai si trova trascritto il mito del ciclo troia— no in cui si racconta che Fpeios portava acqua per gli Atridi, come racconta Stesicoro. La figlia di Zeus (Atena) fu mossa a compassione per lui, perché veniva sempre obbligato a portare l’acqua per questi re.
Stesicoro, vissuto in Sicilia dal 632 al 556 a.C., autore dei poemi “La caduta di Troia” e “i ritorni”, è fonte quasi contemporanea al culto che si praticava con l’acqua sull’Athenaion del Timpone della Molta. Nel frammento sopra riportato egli descrive Epeo come l’idroforo (“portatore d’acqua”) di Agamennone e Menelao, un ruolo servile per quest’uomo che, più tardi, avrebbe costruito il cavallo di legno che permise la presa di Troia e che avrebbe poi fondato, nell’Italia meridionale, la città di Lagaria.
Secondo la Maaskant, Stesicoro deve aver dato un grande rilievo all’aiuto e alla protezione che gli assicurava Athena, in cambio dei servizi che aveva prestato durante la guerra di Troia, restando sempre disponibile per trasportare acqua per i sovrani greci.
L’esistenza di un culto espresso con l’acqua sull’Athenaion (portando acqua ad Athena se ne otteneva la protezione), induce a supporre, secondo l’archeologa olandese, che i devoti avessero ricavato dalle informazioni sul loro leggendario fondatore (Epeios).
La citta’ di Lagaria, nelle fonti letterarie, oltre al culto che ad esprimersi con l’acqua, ha altre ragioni - conclude la Maaskant - inducono a pensare che l’Athenaion sull’acropoli del Timpone della Motta fosse il santuario di Epeios ed Athena. Strabone, geografo e storico greco vissuto a Roma sotto Augusto, così scrive nella sua “Geografia”:
Dopo Thurioi abbiamo Lagaria, città fortificata fondata da Epeios e da abitanti della Focide...
Licofrone, poeta tragico greco del III sec. a.C.. nella tragedia Alessandra racconta che Cassandra, la profetessa troiana, aveva preannunciato che Epeios avrebbe fondato Lagaria e avrebbe lasciato come dono votivo i suoi utensili in un santuario di Athena sulla costa ionica.
Un’altra fonte letteraria, lo Pseudo-Aristotele,colloca la leggenda di Epeo nelle vicinanze di Metaponto, ma non c’è dubbio, ad avviso della Maaskant, che i culti di Athena a Metaponto e a Siris, fossero strettamente collegati con quello di Lagaria.
Considerato che i navigatori greci hanno sempre visto il mondo come incluso nell’orizzonte della civiltà ellenica, mettendo i popoli del Mediterraneo in relazione con i viaggi dei loro eroi, è molto probabile, ad avviso della Maaskant, che gli immigrati greci abbiano collegato il mito di Epeios con l’Enotria centrale, perché mossi dalla loro ammirazione per le abilità artigianali degli Enotri.
Il mito di Epeios - conclude la Maaskant - “s’inquadra in modo sorprendente in una zona in cui si è trovata una gran quantità di manufatti in bronzo, e nella quale si può pensare che la lavorazione del legno fosse molto sviluppata,date le utensilerie portate alla luce dalla Zancani Montuoro e la presenza dei folti boschi del Pollino poco lontano dal sito”:
Gli abitanti di Lagaria - argomenta la Maaskant, in conclusione - si sono identificati per devozione con Epeo e hanno fatto proprio il suo ruolo, riproducendolo nel rito di portare acqua sulla cima dell’Athenaion.