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Forse svelato il mistero di Lagaria, la mitica città fondata da Epeo di Franco Liguori



da Il serratore N° 76/20004 BIMESTRALE DI VITA, STORIA E TRADIZIONI DI CORIGLIANO E LA SIBARITIDE

L’archeologa olandese Marianne Maaskant localizza sul Timpone della Motta, nel comune di Francavilla Marittima, la mitica città di Lagaria, dopo aver riscontrato una sorprendente coincidenza tra i risultati della ricerca archeologica e le fonti letterarie antiche. L’affascinante tesi illustrata e documentata in un recente studio dal titolo: “Dalla lana all’acqua, culto e identità nell’Athenaion di Lagaria”.
Epeo, figlio di l’anopeo prese parte alla spedizione contro Troia alla testa di un contingente di trenta navi e si distinse soprattutto nel pugilato durante i giochi funebri in onore di Patroclo. Suo principale titolo di gloria è l’aver costruito il cavallo di legno che servì a prendere Troia. Durante il suo ritorno, Epeo approdò in Italia meridionale, dove fondò la città di Lagaria. Qui consacrò alla dea Athena gli attrezzi con i quali aveva fabbricato il cavallo di Troia:
questo è quanto si legge su Epeo in tutti i dizionari di mitologia greca.
Ma perché ci occupiamo del leggendario eroe greco sopra citato? La risposta è nel presente articolo.
Dopo quarant’anni di ricerche archeologiche condotte con alterne vicende, nell’alto Jonio cosentino, sembra che si sia giunti finalmente a identificare la misteriosa città di Lagaria, costruita proprio dal mitico costruttore del cavallo di Troia sopra ricordato. Il sito della celebre città fondata da Epeo nell’Italia meridionale e ricordata da numerosi fonti letterarie antiche (Licofrone, Stradone, Giustino, Valleio Patercolo, ecc..),si troverebbe nel territorio dell’odierno comune di Francavilla Marittima, esattamente in località “Timpone della Motta”, a circa 14 chilometri di distanza dall’antica Sibari in direzione nordovest.
A questa conclusione è giunta, dopo lunghi anni di ricerche e di studi oltre che di indagini archeologiche, l’archeologa olandese Marianne Kleibrink Maaskant che noi de “il Serratore” siamo andati a intervistare nella sua casa di Francavilla Mariitima dove lei soggiorna quando scende in Calabria dall’Olanda, per scavare sul sito del Timpone della Motta.
Con squisita cortesia e disponibilità, oltre che con evidente entusiasmo, la professoressa Maaskant, attualmente titolare della cattedra di. Archeologia dell’Università di Groningen (Olanda), ci ha raccontato tutta la sua “storia personale” di appassionata e tenace studiosa del sito archeologico di Francavilla Marittima, da quando vi giunse la prima volta come “borsista”, agli inizi degli anni Sessanta, al seguito della sua insegnante Maria W.Stoop, collaboratrice di Paola Zancani Montuoro, alle più recenti ricerche condotte dal 1991 ad oggi come direttrice della missione archeologica dell’Università di Groningen, che l’hanno portata a identificare il Timpone della Motta con Lagaria, la città enotria fondata da Epeo.
La tesi dell’archeologa olandese è ora ampiamente illustrata e documentata in un libro di 125 pagine pubblicato nel novembre 2003 e ufficialmente presentato a cura dell’Amministrazione Comunale di Francavilla Marittima lo scorso 9 dicembre, nel corso di una riuscita manifestazione, alla quale hanno preso parte archeologi, studiosi e uomini di cultura della Sibaritide, oltre che politici ed amministratori locali e regionali.
Il libro in questione reca un titolo suggestivo ed emblematico: Dalla lana all’acqua, culto e identità nell’Athenaion di Lagaria, Francavilla Marittima.
Si tratta-a nostro avviso- di uno studio di straordinaria importanza, che, oltre a ripercorrere l’affascinante storia degli scavi e dei ritrovamenti nei siti di Timpone della Motta e di Macchiabate, consente di fare il punto sull’annosa e di-battuta questione dell’attribuzione del sito di Francavilla all’antica Lagaria, il cui Athenaion, secondo la tradizione, avrebbe custodito gli arnesi con i quali Epeo costruì il cavallo di Troia.
La storia degli scavi dagli anni ‘30 agli anni ‘80.
Prima di entrare nel merito delle argomentazioni che hanno portato l’archeologa olandese all’identificazione di Francavilla Marittima con Lagaria, ripercorriamo brevemente la storia dei ritrovamenti archeologia in quel sito.
Già nei lontani anni Trenta del Novecento sono affiorati, in varie località (Macchiabate,Timpone dei Rossi, Timpone della Motta), avanzi di una cultura indigena protostorica, rappresentati principalmente da corredi tombali, e resti notevoli di un insediamento greco-arcaico. I reperti venuti alla luce in quel periodo, quasi sempre frutto di scoperte casuali ad opera dei contadini del luogo, furono raccolti con amorevole cura, per oltre un trentennio, dal medico del paese,il dottor Agostino De Santis, appassionato ed esperto di archeologia, ispettore onorario alle antichità, lui stesso scopritore di un’importante tomba in contrada Macchiabate, la cosiddetta “Tomba della strada”.
Nel 1961, nel corso del primo convegno di studi magnogreci a Taranto, il grande archeologo Amedeo Maiuri, che era venuto a conoscenza dei ritrovamenti di Francavilla e aveva fatto visita al medico - archeologo Agostino De Santis, documentandosi di persona sui preziosi reperti da lui collezionati, definiva Francavilla Marittima “una delle mete più urgenti della ricerca archeologica nella Sibaritide”, per lo studio dei rapporti tra popolazioni indigene e coloni greci. Il tema di quel primo convegno tarantino era: “Greci e Italici in Magna Grecia.
Da allora, grazie anche alle sollecitazioni del dott. Tanino De Santis, figlio di Agostino e continuatore dell’opera del genitore a favore della ricerca archeologica a Francavilla, i siti di Macchiabate e di Timpone della Motta cominciarono finalmente ad essere studiati e indagati con regolari campagne di scavo.
Nel 1963 la Soprintendenza archeologica della Calabria, in collaborazione con la “Società Magna Grecia” (presieduta all’epoca da Umberto Zanotti Bianco), intraprendeva i primi lavori di scavo a Francavilla, affidandone la direzione a Paola Zancani Montuoro.
Dal ‘63 al ‘69 si svolsero annuali campagne di scavo, che la stessa Zancani Montuoro ebbe a definire “brevi ma sempre fruttuose”. Con la celebre archeologa italiana, collaborava l’olandese Maria W. Stoop e la sua allieva Marianne Maaskant.
Sulla vetta del Timpone della Motta, isolato dai valloni Carnavale e Dardanìa e dominante il torrente Raganello, fu individuata l’acropoli di una città greca o ellenizzata e, in contrada Macchiabate, la presenza di una necropoli indigena. Sull’acropoli affiorarono i resti di tre edifici a pianta rettangolare (i cosiddetti edifici I, II, III), facenti parte di un santuario dedicato alla dea Athena, con testimonianze risalenti al periodo che va dal VII sec. a.C. all’inizio del III sec. a.C. Tra i numerosi oggetti rinvenuti, c’erano terrecotte raffiguranti Athena, migliaia di piccole “hidriai”, frammenti di ceramica protocorinzia e corinzia, una statuetta di stile dedalico, vari anellini d’argento e di bronzo, grani di collana di pasta vitrea; tra i reperti del periodo arcaico, di notevole importanza, una tabella di bronzo (cm 24x12) con un’iscrizione dedicatoria ad Athena da parte di un atleta olimpionico di nome Kleombrotos, forse della vicina città greca di Sibari.
Connessa alla vita dell’insediamento sul Timpone della Motta si rivelò la necropoli protostorica di contrada Macchiabate, con seppellimenti a tumulo di pietre fluviali, dei quali i più antichi contenevano corredi della prima età del ferro, soprattutto vascolari, grosse “olle”, attingitoi ed altri materiali, come punte di lance in bronzo, alcune scuri, fibule ad arco, strumenti musicali in bronzo e, addirittura, una coppa fenicia in bronzo sbalzato, databile alla prima metà del secolo VIII a.C.
Tutti i reperti trovati sul Timpone della Motta e in loc. Macchiabate costituiscono attualmente uno dei nuclei principali del Museo della Sibaritide.
Nel 1969, con l’inizio degli scavi di Sibari, s’interrompono bruscamente le indagini sui siti di Francavilla e inizia un periodo di abbandono e di disinteresse per quell’area archeologica, del quale approfitteranno gli scavatori clandestini che saccheggeranno abbondantemente il Timpone della Motta e Macchiabate, asportandone migliaia di preziosi reperti, che finiranno o in collezioni private o in musei stranieri, come il “Getty Museum” di Malibu (Usa),la “Ny Carlsberg Glyptotbek” di Copenaghen (Danimarca) o l’Istituto di Archeologia classica dell’Università di Berna (Svizzera).
Nel 2002, grazie all’ottima riuscita del cosiddetto “Progetto Francavilla-Berna-Malibu” attivato dal Ministero dei Beni culturali, cinquemila reperti trafugati dal Timpone della Motta, sono stati restituiti al Museo della Sibaritide ed arricchiscono oggi la documentazione archeologica relativa a Francavilla Marittima.
Gli scavi regolari sono ripresi a Francavilla nel 1982-83, a cura della Soprintendenza archeologica della Calabria. Sono stati studiati più approfonditamente i tre edifici religiosi scoperti sul Timpone della Motta negli anni Sessanta. Si è accertato che gli edifici I e III hanno conosciuto una prima fase lignea, realizzata tra la fine dell’VIlI e gli inizi del VII sec.a.C., indiziata dalla presenza di buche di palo, scavate nella roccia, e che in una fase successiva, databile intorno alla metà del VT sec. a.C.,le costruzioni in legno furono sostituite da strutture con filari di fondazioni in ciottoli di fiume, e venne, inoltre, costruito l’edificio II.
Negli 1986-87, altre indagini condotte dalla Soprintendenza archeologica calabrese sotto la direzione di Silvana Luppino, hanno messo in luce un altro deposito votivo e una quarta struttura (edificio IV), costruita intorno alla metà del IV secolo a.C. e identificata come portico di servizio (“stoà”), annesso all’edificio cultuaie.
La scoperta dell’Athenaion di Lagaria dal 1991 a indagare sull’affascinante sito archeologico del Timpone della Motta è una missione dell’Università di Groningen (Olanda), che opera in concessione, sotto la direzione della prof.ssa Marianne Maaskant, che a Francavilla è veramente “di casa”, essendovi venuta la prima volta — come abbiamo ricordato all’inizio del presente articolo.
Nei primi anni Sessanta, al seguito della sua insegnante M.W. Stoop, collaboratrice di Paola Zancani Montuoro, ed essendovi tornata molte altre volte da allora, per ragioni di studio e di ricerca,ma anche per gli intensi rapporti umani che sono nati tra lei e la gente di Francavilla.
La Maaskant è coadiuvata nelle sue campagne di scavo da decine di studenti di università italiane e straniere, tra le quali Roma, Venezia, Bari, Bologna, Losanna, Berna, Cand, Berlino, Leiden e, naturalmente, Croningen, dove lei insegna.
Gli scavi da lei condotti in questi ultimi anni, con grande passione e ammirevole tenacia, hanno portato a grandi scoperte sulla civiltà indigena sviluppatasi a Francavilla prima della colonizzazione greca.
La scoperta più importante effettuata dall’archeologa olandese è quella di un quinto edificio sul Timpone della Molta (il cosiddetto “edificio V”), costruito interamente in legno intorno al 700 a.C. al di sopra di due precedenti capanne enotrie, la prima del Bronzo medio e l’altra dell’età del Ferro. Quest’ultimo edificio fu ricostruito con fondazioni in pietra entro la prima metà del VI sec. a.C. Secondo la Maaskant. tra la fine del IX e l’inizio dell’VIII secolo a.C., sullo stesso posto dove poi sarà edificato l’edificio V, era stato costruito un altare all’aperto ed una capanna con un grande telaio, che probabilmente era usata dalle sacerdotesse per tessere il peplo della dea Athena.
In questa capanna, chiamata suggestivamente dalla Maaskant casa delle tessitrici”, sono stati trovati fornelli di terracotta, grossi vasi d’impasto che contenevano probabilmente la lana e due file di pesi da telaio con decorazioni “a labirinto” su una lunghezza di m.2,20. Sia gli oggetti di bronzo trovati intorno al focolare della “casa delle tessitrici”, sia le imponenti decorazioni “a meandri” e “a labirinti” sui pesi da telaio fanno supporre, secondo l’archeologa olandese, che sull’acropoli del Timpone della Motta, la lavorazione della lana avesse un carattere sacrale e si effettuasse in funzione del culto tributato ad una “dea del telaio” Enotria. Il culto della dea è stato, poi, continuato — rileva la Maaskant nei templi di legno costruiti alla fine del secolo VIII a.C. sopra le antiche case di abitazione dei notabili enotri. Raffigurazioni risalenti _t secoli VIII e VII. infatti, e un’iscrizione del VI sec. a.C. (quella della tabella bronzea di Kleombrotos) provenienti dal santuario, indicano inequivocabilmente che esso era dedicato ad Athena, dea che aveva fra i suoi attributi il lavoro della tessitura,e alla quale si usava offrire stoffe come doni votivi.